L’esito dell’incontro è stato quello di fissare un nuovo incontro, al quale il ministro dell’Energia russo Alexander Novak ha suggerito – con probabile ironia – di invitare anche gli Stati Uniti dello shale oil. Non ha partorito molto l’ennesimo tavolo di confronto organizzato dall’Opec a Istanbul per discutere come e quanto tagliare la produzione di petrolio. E il mercato ha reagito alla delusione (e al dollaro forte) con un ribasso di circa l’1%, che ha riportato il Brent sotto 52 dollari al barile. In realtà quello di ieri era davvero un “mini-vertice”: benché la riunione fosse allargata a produttori esterni all’Opec, questi erano alla fine soltanto due, la Russia e il Messico. E anche dei 14 membri dell’Organizzazione degli esportatori di greggio se ne sono presentati pochini e non di grande rilievo: oltre al segretario generale Mohammed Barkindo – nigeriano ma con un ruolo super partes, dato l’incarico – c’erano gli Emirati arabi uniti, il Qatar, l’Algeria il Venezuela e il Gabon. Nessun boicottaggio, semplicemente non tutti i ministri erano nella capitale turca per il World Energy Congress. Altri, come il saudita Khalid Al Falih, erano dovuti partire in anticipo.
Fonte: Il Sole 24 Ore