Segnali positivi per il Made in Italy

Segnali positivi per il made in italy«Lavoro ne abbiamo, anche per il 2021. Proprio oggi ho assunto un nuovo tecnico e di questi tempi sono costretto anche a fare qualche straordinario». Commesse dall’Italia ma anche dall’estero, quelle appena ottenute dalla Omera di Massimo Carboniero, imprenditore delle macchine utensili e presidente di Ucimu-Sistemi per produrre. Ordini internazionali ottenuti da Germania, Francia, persino Israele, primo paese appena ripiombato nel lockdown.
Un lento ritorno alla normalità che anche a livello macro segnala per il made in Italy una graduale rinascita. Se infatti in termini statici la voragine aperta nei primi sette mesi (quasi 40 miliardi, -14%) pare devastante, la sensazione è mitigata osservando il trend: da un quasi dimezzamento dei valori di aprile siamo passati al -30,4% di maggio, al -12,1% di giugno, infine al -7,3% dell’ultima rilevazione Istat di luglio. Non esattamente “business as usual” ma poco ci manca. Recupero confortante perché corale, diffuso tra tutti i settori dell’economia. Dove in generale i cali si riducono fortemente rispetto al primo semestre, mentre in parallelo diventano meno episodici i segni positivi. Limitati non più soltanto a farmaci e cibo, gli “anticiclici” per eccellenza, perché ora crescono anche elettronica e soprattutto auto, queste ultime in progresso del 5,7% rispetto a luglio 2019. Progresso diffuso anche in termini geografici, con cali dimezzati per Francia, Germania e Stati Uniti. E un balzo di 14 punti in Cina, a segnalare la ripresa convinta di Pechino, che acquista a piene mani meccanica e macchinari, metalli e auto, medicinali e prodotti chimici. Segnalando dunque un recupero sia dal lato degli investimenti sia della domanda interna di consumo.
Altri segnali di risveglio arrivano da Berlino, dove gli acquisti di made in Italy cedono il 5,3%, la metà rispetto alla media del primo semestre. Grazie tra l’altro alla corsa delle auto, in progresso di quasi 30 punti, e di una ripresa degli investimenti in macchinari, quasi alla pari rispetto a 12 mesi prima. Se festeggiare ancora non è certo possibile, dato che il bilancio dei primi sette mesi per l’intero made in Italy resta fortemente negativo (-14%), va detto che l’Italia ha affrontato e superato nell’export momenti ben peggiori. Nel 2009 il crollo innescato dalla crisi Lehman Brothers fu superiore al 20%, gap che in meno di due anni le aziende sono però state in grado di colmare. Accadrà ancora? Al rilancio dell’economia italiana nel mondo post-Covid è dedicato l’evento “Made in Italy: the restart”, risultato di un accordo di partnership tra Sole 24 Ore e Financial Times, intesa per la realizzazione di un percorso di eventi digitali che prende il via ad ottobre, in lingua italiana e inglese.
Il primo appuntamento, in programma il 6, 7 e 8 ottobre, vede presenze istituzionali di altissimo profilo, a partire dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui messaggio aprirà la prima giornata. Che vedrà anche la partecipazione dei ministri dello Sviluppo economico, di Infrastrutture e Trasporti, di Cultura e turismo.
Mentre il ministro per l’Innovazione Paola Pisano interverrà l’8, sessione finale che si chiuderà con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, intervistato dal direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini. Nutrita, nel corso della tre giorni, anche la partecipazione di imprenditori e manager, a partire dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi. L’iniziativa, che nel pomeriggio del primo giorno vede uno spazio dedicato al ruolo del sistema finanziario per la ripresa del made in Italy, un dibattito sulle strategie e sulle azioni da intraprendere per il rilancio dell’Italia, un focus sui trasporti con Ferrovie dello Stato, prosegue nei giorni successivi con appuntamenti verticali.
Toccando i settori che rappresentano l’architrave delle nostre vendite internazionali, dalla moda al design; dall’alimentare alla meccanica; dalla nautica alla farmaceutica; dall’impiantistica all’aerospazio. Ma guardando anche ai fattori abilitanti interni, alle condizioni che consentono al sistema Italia di competere. A partire dai trasporti, dalle infrastrutture, dal sistema finanziario, dall’energia. E naturalmente dalle strutture pubbliche messe a disposizione delle imprese (come l’Agenzia Ice, Sace e Simest) per la promozione all’estero dei prodotti italiani e il sostegno alla competitività sui mercati internazionali.

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