Uno sgravio triennale, che potrebbe attestarsi almeno al 50%, per tutte le assunzioni stabili, a prescindere dall’età. L’esonero salirebbe, sempre tre anni, al 100% se si assumono a tempo indeterminato (apprendistati inclusi) i giovani, under 35, potenziando, così, l’attuale incentivo introdotto dalla scorsa legge di Bilancio, e che, nei primi sei mesi dell’anno, ha agevolato circa 40mila contratti stabili, 38.574 per la precisione, sulla base dell’ultimo monitoraggio dell’Osservatorio Inps. Il condizionale è ancora d’obbligo, con i tecnici dei ministeri del Lavoro e dell’Economia alle prese con le prime simulazioni, e con il nodo dei costi.
Ma l’obiettivo del governo, visti anche i numeri negativi sull’occupazione, è chiaro: «Far tornare le imprese ad assumere, rendendo più conveniente la firma di contratti a tempo indeterminato», ha spiegato la sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi. Al tempo stesso, e sempre per rilanciare le assunzioni, ferme da mesi, è opportuno «non irrigidire i contratti a termine – ha proseguito Puglisi -. I dati sul lavoro ci dicono che normative troppo severe, in un contesto di crisi, frenano la possibilità di dare continuità lavorativa alle persone e penalizzano le aziende. Per questo, a mio avviso, va aperta una riflessione sui contratti a termine».
L’altra faccia della medaglia è l’investimento sulle competenze, a cominciare da soft skill e discipline Stem. «Anche a grazie ai fondi europei – ha annunciato Puglisi – vogliamo rilanciare il sistema di formazione duale, che sta funzionando in mezz’Europa, non solo in Germania, e gli Its, gli Istituti tecnici superiori, che sono veri e propri passe-partout per l’occupazione. Se vogliamo davvero incamminarci sul sentiero della crescita, dobbiamo aggredire, con coraggio, il mismatch. Non è più tollerabile che una assunzione su tre non si realizzi per assenza dei candidati con i profili richiesti dalle aziende».
Per gli sgravi triennali parziali su tutti, e rafforzati per i giovani, si ragiona su una dote iniziale di 5-6 miliardi. Dal Recovery Fund, per il pacchetto lavoro, ci si aspettano almeno 20/30 miliardi. Una fetta di queste risorse dovrà servire, pure, per promuovere l’occupazione femminile, altra “vittima indiretta” del Covid-19, su cui spinge il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, con incentivi ad hoc alle assunzioni e al mantenimento dell’occupazione al rientro dalla maternità, e contrastando dimissioni “involontarie” e gender pay gap.
È atteso anche il progetto di riforma degli ammortizzatori sociali, l’altra grande sfida annunciata dal governo Conte. Da quanto si apprende, il nuovo meccanismo di tutela e sostengo al reddito si legherebbe a doppia mandata alle politiche attive, e si “adatterebbe” alla gravità, o meno, della crisi aziendale: se una impresa, viene spiegato, viaggia, irreversibilmente, verso la chiusura o la cessazione, lo strumento di integrazione salariale sarà affiancato da una formazione mirata al lavoratore per aiutarlo a farlo rientrare nel mercato del lavoro con un percorso verso quello che sono le competenze attese (o più spendibili) per una sua ricollocazione altrove. Nel caso in cui invece l’azienda ha “difficoltà temporanee” e ha necessità di riorganizzarsi, la politica attiva (la formazione), che affianca il sussidio, sarà indirizzata a supportare il processo aziendale, in un’ottica di riqualificazione delle risorse (che restano così occupate nella stessa azienda). L’attuale Cig Covid-19 resterebbe fino a fine anno, ma non è escluso che possa proseguire (con risorse pubbliche) per quei settori ancora in forte sofferenza, ad esempio, aeroportuale, fieri e congressi, turismo.
Siti di riferimento: il sole 24 ore