In caso di notifica di cartella di pagamento mediante raccomandata, la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall’avviso di ricevimento fa presumere, in conformità al principio di “vicinanza della prova”, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova.
Questo il principio affermato da due ordinanze della Cassazione luglio scorso, ove la Corte ha altresì confermato che, in caso di contestazioni, neppure grava sull’agente della riscossione l’onere di depositare l’originale o la copia integrale della cartella.
La disciplina della notificazione della cartella di pagamento, ma in generale anche quella degli atti tributari, prevede che la fase finalizzata a portare legalmente a conoscenza del destinatario l’atto che lo riguarda possa essere realizzata, oltre che tramite agente notificatore il quale si reca personalmente presso il recapito dell’interessato per effettuare la consegna, anche attraverso la spedizione del documento in busta chiusa a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento.
Laddove, in sede giurisdizionale, l’interessato, pur riconoscendo di essere stato destinatario di una notificazione postale, adduca, ad esempio, che la busta ricevuta era vuota oppure che la stessa conteneva dei fogli bianchi o, comunque, un atto diverso da quello che il mittente afferma spedito, si pone il problema di stabilire su quale dei soggetti del rapporto controverso debba gravare la relativa prova.
Al riguardo, appare in via di progressivo consolidamento l’orientamento secondo il quale incombe sul destinatario dell’atto notificato in via diretta a mezzo del servizio postale, che non contesti l’avvenuta ricezione, ma deduca che la busta recapitata era priva di contenuto, l’onere di dimostrare le proprie asserzioni.
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